Il grande inquisitore a Roma
sab 18 nov
|Teatro Tordinona
Orario & Sede
18 nov 2023, 21:00
Teatro Tordinona, Via degli Acquasparta, 16, 00186 Roma RM, Italia
Info sull'evento
In scena al Teatro Tordinona di Roma lo spettacolo Il grande inquisitore tratto da I fratelli Karamazov di F.M.Dostoevskij, drammaturgia e regia di Marinella Anaclerio con Flavio Albanese e Tony Marzolla.
Dostoevskij apre “I fratelli Karamazov” presentando il romanzo come la storia di Aleksej, il più piccolo dei fratelli. È lui il vero protagonista ed il personaggio alle cui imprese, nelle intenzioni dello scrittore, avrebbe dedicato il suo romanzo successivo se la morte non fosse arrivata prematura.
Da lui comincia e con lui termina questo dialogo che è racconto e visione di un passato lontano e lucidissima narrazione del presente.
Due fratelli, un aspirante scrittore e un aspirante monaco, due posizioni opposte nel vivere la vita, stessa tragedia familiare. Si confrontano, forse per la prima volta, in una trattoria. Vogliono “salvarsi “a vicenda…ciascuno vuol portare l’altro alla sua visione della vita. Chi vincerà?
Il maggiore, Ivàn, ricorre ad un racconto che è una delle analisi più lucide sul rapporto fra l’essere umano e il clero di tutte le religioni. L’essere umano ha sempre avuto bisogno di un intermediario per relazionarsi al divino e su questo bisogno si fondano e si distruggono tutte le “Chiese”.
La leggenda del grande inquisitore è uno dei capitoli più famosi del grande romanzo di Fëdor Dostoevskij “I fratelli Karamazov” pubblicato in Russia nel 1880. Si tratta di un apologo, un racconto che Ivàn Karamazov fa a suo fratello Aleksej alla vigilia dell’assassinio del padre e dell’esplosione della sua malattia mentale che lo porterà a vedere e dialogare con un originalissimo Diavolo. Il suo Satàn…l’Altro in sé. Nella Spagna dell’inquisizione, tra i roghi degli eretici, appare un personaggio misterioso, forse proprio Gesù. La folla lo riconosce e comincia a chiedergli miracoli, lui resuscita una bambina, dona la vista ad un cieco ma il vecchio inquisitore lo fa arrestare e portare in prigione. L’inquisitore, nella notte va a trovare il prigioniero, forse in preda ad un delirio o forse no, gli spiega il motivo per cui lo condannerà nuovamente a morte. Con estrema lucidità gli dice che la chiesa ha reso gli uomini felici, non lui con il suo dono di libertà. La chiesa e il clero hanno compiuto, migliorandola, la sua opera rispondendo al bisogno primario di ogni uomo: qualcuno a cui inchinarsi che si assuma per loro tutte le responsabilità.
Ed è proprio la capacità di assumersi tutte le responsabilità del vivere, in sostanza, il terreno su cui si giocherà la partita fra i due fratelli. Dostoevskij in questo capitolo esprime la contrapposizione tra libertà e costrizione, tra fede nella vita e negazione di essa. Nella leggenda del grande inquisitore si manifesta un forte pessimismo per la condizione umana ma anche l’esigenza di una spietata sincerità. Quando Nietzsche lesse Dostoevskij l’impressione che ne ricavò fu fortissima. Arrivò a parlare dell’autore russo come di un ‘fratello di sangue’. Come se avesse riconosciuto in lui le sue stesse ossessioni. E forse addirittura qualcosa di più: ossia un certo stile di pensiero, per cui l’idea non è mai un’astrazione ma sempre e soltanto una realtà incarnata, realtà vivente, realtà fatta persona. Ed è proprio la scultura di questi personaggi-idee che abbiamo provato a realizzare .
Marinella Anaclerio