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Nuova produzione

disponibile da giugno 2025

 

Una panchina. E un albero. 

Il gioco della campana disegnato a terra.

Caselle fino al 13.

Un uomo non giovane con baffi e capelli arruffati suona il violino (Mozart, se possibile). Lo suona maluccio.

Si interrompe. Borbotta tra sé e sé. Si siede. Ricomincia a suonare. Non troppo convinto, si ferma. Racconta.

 

Inizia così la terza e ultima tappa della trilogia sull’Universo che Francesco Niccolini ha scritto per Flavio Albanese.

Avevano iniziato con L’universo è un materasso (e le stelle un lenzuolo), per raccontare la storia dell’universo e del tempo, da Esiodo ai quanti. Poi era stata la volta de Il messaggero delle stelle. Come evitai la guerra, salvai il mondo e divenni amico di Galileo Galilei dedicato a Galileo e all’importanza dell’errore nella scienza (e nella vita).

Ora questa fortunata collaborazione (Premio Eolo 2018), si accinge alla prova più dura: Albert Einstein e la meccanica quantistica

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Ma come raccontare al pubblico più giovane una materia che, almeno per il pensiero classico occidentale, è completamente priva di senso? Che nemmeno gli astrofisici riescono a penetrare e spiegare? Che nemmeno Einstein ha potuto accettare?

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La frase che si ripete più spesso, in questo campo, è che la meccanica quantistica non si può comprendere, ci si può solo arrendere e accettarla, e – in un certo senso – è quello che accade al protagonista dello spettacolo: un uomo in là con gli anni che suona un violino in un parco e incontra un bambino che gioca a campana ma con regole che non sono quelle consolidate, ma nuove, di più, strane e apparentemente insensate. È la stranezza illogica del modo di giocare del bambino che incuriosisce l’uomo, anzi, lo tormenta, al punto tale che non riesce più a concentrarsi sul violino e non può non chiedere spiegazioni al ragazzino.

Inizia un dialogo surreale, comico, struggente, un botta e risposta fitto, dove il bambino demolisce le certezze dell’anziano, che a sua volta riesce a trasmettere al ragazzino buona parte della meraviglia che anni di studi e di scienza gli hanno permesso di provare, ma anche le delusioni, le attese, le scoperte fatte e quelle che non farà in tempo a fare.

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Che l’uomo sia un Albert Einstein ormai anziano non ci sono dubbi (adorava suonare il violino e pare che fosse anche un buon interprete di Mozart), ma chi è il ragazzino che gioca a campana con due dadi, e che ha una risposta misteriosa a ogni domanda di Albert?

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Albert eD io è un viaggio poetico e malinconico tra la felicità delle scoperte più incredibili e la sofferenza di non poter capire tutto quello che vorremmo comprendere, mischiate con il peso della responsabilità delle scoperte e delle loro applicazioni, e la voglia di avere ancora tempo, più tempo, per scoprire ancora, e ancora, e ancora.

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di Francesco Niccolini

con Flavio Albanese

regia Marinella Anaclerio

scene Francesco Arrivo

luci Cristian Allegrini

costumi Simona De Castro

direzione scientifica del progetto Marco Giliberti

consulenza (e pazienza) scientifica Vincenzo Napolano

grafica Enzo Berardi

produzione Compagnia del Sole / Fondazione TRG / Fondazione Sipario Toscana Onlus

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​​tout public / 11+​​

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